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Tumore del colon-retto: scoperto un "interruttore" per risvegliare le difese immunitarie

Emma Bariosco 23 Dic 2025


Uno studio dell'Università di Padova identifica nel recettore CD300e un nuovo bersaglio per potenziare l'efficacia delle immunoterapie.
Un importante passo avanti nella lotta al carcinoma del colon-retto arriva dai laboratori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova. Un team di scienziati, sotto la direzione della professoressa Gaia Codolo, ha individuato un potenziale bersaglio terapeutico finora inesplorato: il recettore immunitario CD300e. La ricerca, che promette di rivoluzionare le strategie immunoterapiche, è stata resa possibile grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.

Il meccanismo: come il tumore "inganna" il sistema immunitario
I risultati della ricerca, apparsi sulla prestigiosa rivista Journal for ImmunoTherapy of Cancer, descrivono come il recettore CD300e agisca negativamente sui macrofagi, cellule cruciali della nostra risposta immunitaria innata.

In presenza del tumore, questo recettore spinge i macrofagi verso uno stato di "tolleranza" che, invece di aggredire la massa aliena, ne favorisce la proliferazione. Bloccando o mettendo a tacere CD300e, i ricercatori hanno dimostrato che è possibile ripristinare la capacità del sistema immunitario di combattere la malattia, aumentando sensibilmente l'impatto delle terapie attuali.

«Abbiamo osservato che i segnali provenienti dal tumore inducono la produzione di CD300e, il quale riprogramma i macrofagi rendendoli incapaci di supportare l'azione dei linfociti T, i veri "soldati" incaricati di eliminare le cellule cancerose», spiega la professoressa Gaia Codolo. «Identificare questo regolatore chiave ci permette di immaginare percorsi terapeutici del tutto nuovi».

Un lavoro di squadra nato da zero
Il progetto ha visto il coinvolgimento in prima linea di Annica Barizza e Stefania Vassallo, ricercatrici dell’ateneo patavino e prime autrici dello studio, che hanno gestito le fasi sperimentali più delicate.

Annica Barizza: «È stata una sfida complessa: siamo partiti dalle basi, costruendo l'intero apparato sperimentale necessario per isolare il ruolo di questo specifico recettore».

Stefania Vassallo: «Vedere come la manipolazione di CD300e potesse cambiare radicalmente il comportamento delle cellule immunitarie ci ha confermato immediatamente la rilevanza della scoperta».

Prospettive future e collaborazioni
La ricerca sottolinea l'importanza di un approccio multidisciplinare. Oltre all'Università di Padova, lo studio ha beneficiato del contributo dell'Istituto Oncologico Veneto (IOV), della Sapienza Università di Roma e dell'Università di Brescia.

L'obiettivo a lungo termine è trasformare questa scoperta in una cura concreta, specialmente per quei pazienti che attualmente non traggono benefici dai trattamenti immunoterapici standard. Riprogrammare il microambiente tumorale tramite CD300e potrebbe essere la chiave per rendere il cancro nuovamente "visibile" e attaccabile dalle difese del paziente.

Ultima modifica il Lunedì, 22 Dicembre 2025 08:44
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