Il Volto Fossile di un Homo erectus Etiopico Ridefinisce le Prime Migrazioni Fuori dall'Africa

Emma Bariosco 17 Dic 2025


L'archeologo Sileshi Semaw, ricercatore presso il Centro Nacional de Investigación sobre la Evolución Humana (CENIEH), fa parte di un team internazionale che ha recentemente pubblicato un articolo su Nature Communications. La ricerca presenta la ricostruzione digitale del volto di un individuo di Homo erectus rinvenuto nel sito di Gona, nella regione Afar in Etiopia. Questo reperto fossile offre nuove intuizioni sulla prima specie umana a diffondersi attraverso l'Africa e l'Eurasia.

La ricostruzione virtuale combina una volta cranica fossile, alcuni denti e piccoli frammenti facciali appartenenti a un singolo esemplare, identificato come DAN5. L'insieme di questi elementi rivela un volto ottimamente conservato e sorprendentemente arcaico, la cui datazione è compresa tra 1.5 e 1.6 milioni di anni fa. Questo reperto costituisce il primo cranio completo di un ominide del Pleistocene Inferiore recuperato nel Corno d'Africa.

Il nuovo studio si inserisce nell'ambito del Progetto di Ricerca Paleoantropologica di Gona, co-diretto da Sileshi Semaw e Michael Rogers (Southern Connecticut State University, USA), ed è guidato da Karen Baab, paleoantropologa della Midwestern University, Arizona (USA). I risultati evidenziano che la popolazione di Gona in quel periodo presentava una combinazione di caratteri tipici di Homo erectus (concentrati nella scatola cranica), uniti a tratti facciali e dentali più antichi, come un ponte nasale piatto e molari di grandi dimensioni, caratteristiche normalmente associate a specie più primitive.

Secondo Karen Baab, "sapevamo già che il fossile DAN5 possedeva un cervello di piccole dimensioni, ma questa nuova ricostruzione dimostra che anche il volto è più primitivo rispetto ai classici Homo erectus africani della stessa epoca". Una simile commistione di tratti era stata precedentemente documentata in Eurasia, ma questo è il primo fossile a mostrare tale combinazione all'interno dell'Africa, mettendo in discussione l'ipotesi che Homo erectus abbia sviluppato pienamente la sua morfologia al di fuori del continente. Una possibile spiegazione è che la popolazione di Gona abbia mantenuto l'anatomia del gruppo che per primo lasciò l'Africa circa 300.000 anni prima.

La Metodologia della Ricostruzione Digitale
I ricercatori hanno utilizzato scansioni a micro-TC ad alta risoluzione dei quattro frammenti principali del volto recuperati durante gli scavi del 2000 a Gona. Da queste scansioni sono stati generati modelli tridimensionali dei frammenti. Successivamente, i pezzi facciali sono stati riassemblati digitalmente, e i denti sono stati posizionati nella mascella superiore dove possibile. Il passaggio finale è consistito nell'“unire” il volto alla scatola cranica per ottenere un cranio quasi completo.

Questa ricostruzione ha richiesto circa un anno di lavoro ed è stata elaborata attraverso molteplici iterazioni prima di raggiungere la versione definitiva. Karen Baab, responsabile della ricostruzione, ha descritto il processo come "un puzzle 3D molto complesso, il cui risultato finale non è noto in anticipo". Ha aggiunto: "Fortunatamente, conosciamo la struttura generale con cui le facce si compongono, quindi non siamo partiti da zero".

Diversità Comportamentale: Olduvaiano e Acheuleano
Parallelamente alla diversità anatomica, nel sito di Gona è stata documentata anche una varietà di comportamenti. A questo proposito, Sileshi Semaw osserva che "è notevole che l'Homo erectus rappresentato da DAN5 stesse producendo sia i semplici strumenti in pietra dell'Olduvaiano sia le prime asce a mano dell'Acheuleano; questa è tra le più antiche evidenze di associazione diretta delle due tradizioni litiche con un fossile ominide".

Gli studiosi del settore generalmente ritengono che l'Acheuleano (Modo 2) abbia rimpiazzato la più antica tecnologia Olduvaiana (Modo 1) intorno a 1.7 milioni di anni fa. Tuttavia, "le nostre ricerche a Gona hanno dimostrato che la tecnologia Olduvaiana è rimasta in realtà onnipresente per l'intera Età della Pietra", chiarisce l'archeologo del CENIEH.

Prospettive Future
I ricercatori mirano a confrontare DAN5 con i più antichi resti umani scoperti in Europa, inclusi fossili attribuiti a Homo erectus e alla specie distinta Homo antecessor, entrambi datati a circa un milione di anni fa. "Confrontare DAN5 con questi reperti non solo approfondirà la nostra conoscenza della variabilità facciale all'interno di Homo erectus, ma farà anche luce sulle modalità di adattamento ed evoluzione della specie", spiega Sarah Freidline (University of Central Florida), coautrice dello studio.

Esiste anche la possibilità di valutare scenari evolutivi alternativi, come l'incrocio genetico (admixture) tra due specie, un fenomeno documentato in fasi successive dell'evoluzione umana (tra Neanderthal, umani moderni e Denisova). È plausibile che DAN5 sia il risultato di un incrocio tra il classico Homo erectus africano e la specie più antica Homo habilis. Come osserva Michael Rogers: "Avremo bisogno di molti più fossili datati tra uno e due milioni di anni fa per chiarire pienamente questa ipotesi".

Vota questo articolo
(0 Voti)

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery