Ambiente (657)
Più neve ad alta quota sulle Alpi Giulie a causa del riscaldamento artico
31 Mar 2021 Scritto da Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp)
Pubblicata su Atmosphere una ricerca che chiarisce l’anomalia dei piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie a bassa quota che, invece di scomparire a causa del riscaldamento globale, come nel resto delle Alpi, sono resilienti e stabili da circa 15 anni. Un team internazionale di ricerca coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr ha individuato due possibili cause: il maggiore riscaldamento dell’Artico e l’aumento della temperatura della superficie del Mare Adriatico
Tanta neve in un inverno non significa freddo. Tendenzialmente infatti si stanno registrando inverni sempre più miti rispetto al passato quando le estati, più fresche, facevano fondere meno neve sulle Alpi e i ghiacciai restavano in equilibrio. Un team internazionale composto da ricercatori di Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), Aberystwyth University in Galles (Uk), International Center for Theoretical Physics (Ictp), Università di Trieste, Università di Udine, Eotvos Lorànd University di Budapest (Hu) ha pubblicato sulla rivista Atmosphere una ricerca che giustifica con l’aumento degli estremi nevosi nel settore alpino orientale le cause alla base della resilienza dei piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie.

La lettera aperta dell'alleanza ICE ai decisori politici
Si chiude domani la “Settimana europea per le alternative ai pesticidi” e il coordinamento nazionale dell’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) “Salviamo api e agricoltori” invia ai decisori politici italiani una lettera aperta per ricordare gli impegni del nostro paese per la riduzione dell’uso dei pesticidi. Il Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è scaduto nel febbraio 2018 e il nuovo testo presentato per la consultazione pubblica nel 2019 è stato superato dagli obiettivi delle Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità” che indicano il traguardo della riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi in Europa entro il 2030.
Oltre 30 Associazioni e comitati di cittadini, coordinate in Italia dal WWF, si rivolgono con la loro lettera aperta ai tre Ministri (Patuanelli, Cingolani e Steranza), ai Presidenti delle Commissioni parlamentari, Agricoltura, Ambiente e Salute, e al Presidente della Conferenza delle Regioni, tutti competenti in materia di regolamentazione dell’uso dei pesticidi, per chiedere di assumere in Europa posizioni ed iniziative coraggiose e lungimiranti per rafforzare gli obiettivi delle due Strategie UE "Farm to Fork” e “Biodiversità 2030" e adottare a livello Nazionale Piani e Programmi coerenti. L’Italia deve recupere i gravi ritardi nell’aggiornamento del PAN pesticidi, nella redazione del Piano Strategico Nazionale della PAC post 2023 e nell’approvazione della Legge nazionale per l’agricoltura biologica, tutti strumenti indispensabili per proteggere gli impollinatori, l’agricoltura, l’ambiente e la salute dei cittadini.

Nella Giornata mondiale dell'acqua parte l’iniziativa LiberiAmo i fiumi promossa da WWF, Federazione Italiana Canoa e Kayak e Spinning Club Italia.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua prende il via una nuova iniziativa - LiberiAmo i fiumi – promossa dal WWF Italia, la Federazione Italiana Canoa Kayak e lo Spinning Club Italia: l’obiettivo è quello di diffondere la cultura dei fiumi ‘liberi’ attraverso la creazione di una COMMUNITY interessata e informata, capace di aggregare reti tematiche, circoli, gruppi sportivi, cittadini e appassionati che vivono e amano il proprio fiume. L’iniziativa è inserita nell’ambito della Campagna ReNature di WWF promossa per rigenerare la natura italiana entro 10 anni con progetti concreti anche di rigenerazione e di recupero di ampi tratti fluviali. L’urgenza è dettata dal fatto che solo il 40% dei fiumi italiani è in buono stato ecologico.
Svelati nuovi misteri geologici sotto il ghiaccio dell'Antartide
15 Mar 2021 Scritto da Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale

Lo studio con l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale è stato pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports.
Trieste partecipa al gruppo internazionale di lavoro che ha sviluppato la prima "fotografia" magnetica del Polo Sud
Nuove conoscenze sulla geologia nascosta sotto alle calotte di ghiaccio dell’Antartide e sull’evoluzione tettonica della Terra, avvenute nel corso di miliardi di anni, sono state scoperte da un team internazionale di scienziati che sono riusciti a risolvere uno dei puzzle geologici del nostro pianeta grazie all'utilizzo combinato di rilevazioni satellitari e aeree.
Lo studio - Il gruppo di ricerca, di cui fanno parte l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, il British Antarctic Survey e la Witwatersrand University in Sud Africa, coordinati dall’Università tedesca di Kiel, ha utilizzato i dati magnetici dei satelliti della missione Swarm dell’ESA combinandoli con quelli rilevati dagli aerei, per studiare la geologia subglaciale dell’Antartide e collegarla con quella di Australia, India e Sud Africa, che formavano l’antico supercontinente chiamato Gondwana. Utilizzando i nuovi dati magnetici è stato possibile ricostruire come le placche tettoniche si siano separate tra loro nel corso di milioni di anni dopo la rottura del Gondwana e correlare i principali cratoni e orogeni, strutture geologiche che compongono la crosta terrestre, nei diversi continenti prima della loro separazione.

I rifiuti di plastica e microplastica nell'oceano stanno aumentando nelle aree estreme mentre sono stabili sulle coste più antropizzate, nonostante le previsioni di aumento complessivo. Segno della necessità di studiare meglio i fenomeni di provenienza, degrado e spostamento di questi rifiuti, dovuti anche ad azioni in apparenza innocue, come il lavaggio di capi di abbigliamento. Se ne parla in una review internazionale a cui ha partecipato l’Istituto di scienze polari del Cnr, pubblicata su Microplastics and Nanoplastics
Il trend e il ciclo dei rifiuti di materiali plastici riversati nell'ambiente marino rimangono ancor oggi importanti domande senza risposta. Infatti, sebbene sia acclarato che vaste quantità di plastica entrano nell'oceano ogni anno, insieme ad altri rifiuti, rimane difficile valutare le tendenze effettive del loro flusso, poiché non ci sono stime affidabili né per la quantità sedimentata nel fondo marino, né per l'input di microplastiche che avviene attraverso la deposizione atmosferica. Inoltre, le fonti di provenienza sono troppo numerose e ancora non del tutto definite. Una review di un team internazionale a cui ha partecipato l’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) pubblicata su Microplastics and Nanoplastics mette ora in luce le tendenze a livello globale di questi rifiuti.

La Campagna ReNature è anche protezione delle specie a rischio
Dopo il minimo storico toccato negli anni ’70, quando si contavano non più di 100 individui confinati in alcune aree dell’Appennino centro-meridionale e il WWF diede avvio con il Parco d’Abruzzo al’Operazione San Francesco, oggi la popolazione di lupo in Italia ha decisamente migliorato il suo status di conservazione: grazie alla sua tutela legale e all’aumento tanto delle foreste quanto delle specie preda, il lupo ha ricolonizzato spontaneamente buona parte della Penisola, compresa una porzione significativa dell’arco alpino, dal quale era scomparso negli anni ’20 del secolo scorso, fino a raggiungere molte aree collinari, pianeggianti e litoranee. Nonostante la crescita demografica e l’espansione spaziale della popolazione, il lupo rimane però una specie vulnerabile, a causa di minacce di origine antropica.
Gli studi più recenti (2016) stimano la presenza di 1269-1800 individui nell’Italia peninsulare, sebbene
il trend sia in aumento. Sulle Alpi invece, i dati più recenti, riferibili al campionamento 2017-18 del Progetto Life WolfAlps, indicano la presenza di un numero minimo di 293 individui, ma un nuovo censimento coordinato da ISPRA potrà restituire a breve dati più aggiornati. Se da un lato questi risultati mostrano un chiaro incremento della popolazione, frutto delle dinamiche sopra indicate, tuttavia non sono venute meno le criticità.

Distribuzione dei tornado nelle 5 macroaree considerate
Pubblicato su Atmospheric Research un recente studio dall'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Cnr-Isac) e da un ricercatore dell’università UQAM di Montreal. Il gruppo di ricerca ha analizzato 20 anni di dati, studiando le condizioni che hanno agevolato la formazione delle trombe d'aria più intense che hanno interessato il nostro Paese. Risultano condizioni differenti per i fenomeni nel Nord e nel Sud Italia; la temperatura del mare sembra svolgere un ruolo importante in Puglia, Calabria e nell'Adriatico settentrionale
Nonostante le trombe d’aria siano frequenti nel nostro territorio, sono pochi gli studi scientifici che ne hanno analizzato le caratteristiche. In un articolo appena pubblicato su Atmospheric Research, l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) in collaborazione con Roberto Ingrosso dell’università UQAM di Montreal hanno identificato le configurazioni tipiche, a scala sinottica e a mesoscala, relative ai fenomeni sviluppatisi in alcune aree italiane.
“Abbiamo analizzato le condizioni ambientali associate allo sviluppo di trombe d’aria in Italia negli ultimi 20 anni. Isolando i casi più rilevanti, e raggruppandoli in famiglie regionali, abbiamo potuto identificare alcune particolari configurazioni atmosferiche che favoriscono la formazione di questi eventi”, afferma Leonardo Bagaglini del Cnr-Isac, primo autore dell'articolo. “In particolare, la genesi dei tornado è generalmente associata a forti anomalie in alcuni parametri meteorologici, che differiscono tra le varie macroregioni analizzate, con valori più elevati negli eventi del Sud Italia”.
Biodiversità: recuperate 17 specie di piante europee credute estinte
10 Mar 2021 Scritto da Università degli studi Milano Bicocca
Un team internazionale di ricercatori ha riabilitato 17 specie di piante considerate estinte in Europa da molti decenni attraverso una revisione tassonomica e una verifica della loro riscoperta in natura o della presenza di esemplari negli orti botanici mondiali. Ciò permetterà di attuare programmi di conservazione per molte di queste specie, comunque rare e/o minacciate di “nuova” estinzione. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Plants
Roma, 9 marzo 2021 – Si pensava fossero estinte da molti decenni, ma non è così per 17 specie endemiche della flora europea, riabilitate grazie ad uno studio appena pubblicato.
Un team internazionale di ricercatori, guidato dall’Università degli Studi Roma Tre, ha svolto un minuzioso lavoro di indagine su 36 specie di piante endemiche europee classificate come “estinte”, scoprendo che, in realtà, 17 non lo erano affatto. Di queste, tre specie sono state effettivamente riscoperte a seguito di ricerche di campo (Astragalus nitidiflorus Jiménez Mun. & Pau, Ligusticum albanicum Jávorska. e Ornithogalum visianicum Tomm. ex Vis.), per alcune sono stati ritrovati esemplari vivi, non noti, conservati presso orti botanici e banche del germoplasma europei (Armeria arcuata Welw. ex Boiss. & Reut., Hieracium hethlandie (F.Hanb.) Pugsley); altre ancora sono state riclassificate come specie diverse sulla base di nuovi dati.

Il 9 marzo alle 17 il primo incontro online
Dopo una pausa imposta dall’emergenza sanitaria riparte il progetto dedicato alle api domestiche e selvatiche presentato dal WWF Italia nell’ambito del bando 2019 per l’educazione ambientale del Ministero della Transizione Ecologica (ex Ministero dell’Ambiente). Primo incontro online previsto il 9 marzo, alle ore 17.00, con il Prof. Giovanni Burgio, docente di Entomologia generale ed applicata all’Università degli Studi di Bologna, sul tema “I Sirfidi: biodiversità e conservazione”. Il progetto, realizzato con la collaborazione della Riserva Naturale Regionale Ripa Bianca di Jesi, del Centro di Educazione Ambientale “Sergio Romagnoli e con il contributo dei Carabinieri Forestali, si svolgerà nell’area ad elevato rischio di crisi ambientale delle Marche (AERCA), coinvolgendo 9 Comuni della Provincia di Ancona: dal capoluogo Ancona, ai Comuni di Falconara Marittima, Montemarciano, Chiaravalle, Monte San Vito, Monsano, Jesi, Agugliano e Camerata Picena.
L’obiettivo generale è aumentare la comprensione del valore del nostro capitale naturale e dei servizi ecosistemici forniti dagli insetti impollinatori, il loro ruolo per la nostra economia e per la valutazione della qualità dell’ambiente; sensibilizzare gli alunni e le loro famiglie sulle cause del loro declino dovuto all’inquinamento dell’ambiente, ai cambiamenti climatici e all’uso di prodotti chimici in agricoltura. Il progetto inoltre intende coinvolgere il mondo della scuola primaria (alunni ed insegnanti) e le loro famiglie sul tema degli impollinatori e le cause della loro scomparsa, trasmettere buone pratiche ed atteggiamenti personali e collettivi che possano dare un contributo concreto per la salvaguardia delle api domestiche e selvatiche e altri impollinatori.
Oltre ad interventi di esperti nel corso di formazione per educatori e docenti con webinar on line, sono previste visite guidate agli apiari della Riserva Naturale Ripa Bianca di Jesi, con laboratori rivolti alle famiglie, tutte attività al momento sospese a causa dell’emergenza sanitaria con la dichiarazione della Provincia di Ancona in zona rossa. Tutte le attività in presenza saranno programmate nei prossimi mesi in relazione alla concessione di una nuova proroga del progetto da parte del Ministero e all’evoluzione della pandemia.
Il progetto prevede anche la realizzazione nelle aree verdi delle scuole coinvolte dei 9 Comuni, nell’azienda agricola fattoria didattica e sociale "L'Asino che ride" a Massignano di Ancona, all’interno del Parco Naturale Regionale del Conero, presso la Riserva Naturale Regionale Ripa Bianca di Jesi di una “Casa delle Api e altri impollinatori” con la collocazione di “Bee Hotel” (strutture artificiali per le api selvatiche), semina di fiori nettariferi e pannelli didattici sugli impollinatori.

La natura è madre, donna. E sono tantissime le donne nel mondo che hanno scelto di impegnarsi per la sua tutela. Dall’etologa Jane Goodall che ha dedicato la sua vita alla ricerca sugli scimpanzé e alla protezione degli animali; alla giovane Greta Thunberg, che da sola ogni venerdì scioperava per il clima e che a 16 anni ha iniziato a parlare della crisi climatica davanti ai politici di tutto il mondo, mettendoli con coraggio davanti alle loro responsabilità per garantire un futuro alle giovani generazioni. Dalla biologa Rachel Louise Carson che negli anni 40 iniziò a studiare i pesticidi e lanciò il movimento ambientalista negli Stati Uniti con il suo "Primavera silenziosa", fino all'attrice premio Oscar Jane Fonda, che a oltre 80 anni ancora oggi protesta per chiedere azione contro i gas serra e non perde occasione per evidenziare la stretta correlazione fra crisi climatica e salute umana. Sono tante le eroine che alzano la voce per proteggere la natura e ognuna di loro rappresenta anche le migliaia di donne e ragazze che ogni giorno, attraverso le loro professionalità, si occupano di ambiente.

