Medicina (1359)
Categorie figlie
Un neurone artificiale quantistico grazie ai fotoni
07 Apr 2022 Scritto da Istituto di fotonica e nanotecnologie (Cnr-Ifn), Politecnico di Milano, Università di Vienna
L’intelligenza artificiale è impiegata in diverse applicazioni come l’interpretazione del parlato, il riconoscimento di immagini e la diagnostica medica. È stato anche dimostrato che, tramite le tecnologie quantistiche, si può avere un potere di calcolo superiore a quello dei maggiori supercalcolatori. Alcuni fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), del Politecnico di Milano e dell’Università di Vienna, hanno messo a punto un dispositivo, chiamato quantum memristor, che potrebbe permettere di combinare l’intelligenza artificiale e il calcolo quantistico, schiudendo potenzialità senza precedenti. L’esperimento è stato realizzato in un processore quantistico integrato, funzionante con singoli fotoni. Il lavoro è pubblicato su Nature Photonics e ha ricevuto la copertina del numero di aprile della rivista
Gli algoritmi di intelligenza artificiale si basano su modelli matematici chiamati reti neurali, ispirati alla struttura biologica del cervello umano, che si compone di nodi interconnessi (i neuroni).
Così come nel nostro cervello il processo di apprendimento è basato sul riarrangiamento delle connessioni tra i neuroni, le reti neurali artificiali possono essere “allenate” su un insieme di dati noti che ne modificano la struttura interna, rendendola capace di svolgere compiti “umani” quali il riconoscimento di un volto, l’interpretazione di immagini mediche per diagnosticare malattie e persino la guida di un’automobile. Per questo, sono in corso attività di ricerca, a livello accademico e industriale, volte a ottenere dispositivi integrati e compatti capaci di svolgere le operazioni matematiche richieste per il funzionamento delle reti neurali in modo rapido ed efficiente.
L’ormone che attiva i comportamenti ossessivi generati dalla dipendenza da oppioidi
06 Apr 2022 Scritto da Università degli studi di Bologna
I glucocorticoidi, una classe di ormoni steroidei, giocano un ruolo fondamentale nell’alterare le funzioni cerebrali e rafforzare il bisogno compulsivo di queste sostanze. Ma la somministrazione di mifepristone – uno steroide sintetico antagonista – è in grado di contrastarne gli effetti Bologna, 4 aprile 2022 - In uno studio pubblicato su Molecular Psychiatry, rivista del gruppo Nature, un gruppo di ricerca internazionale ha indagato le origini neurobiologiche alla base dei comportamenti ossessivi e degli stati emotivi alterati che colpiscono chi è affetto da dipendenza da oppioidi. La nuova ricerca ha permesso di dimostrare che a giocare un ruolo fondamentale in questo senso sono i geni responsabili della sintesi di una classe di ormoni steroidei noti come “glucocorticoidi”. A partire da questo elemento, i ricercatori hanno inoltre messo in evidenza che la somministrazione di “mifepristone”, uno steroide sintetico, può essere utile per ridurre gli effetti della dipendenza.
Metabolismo: scoperto nuovo meccanismo della funzione anti-diabetica e termogenica del tessuto adiposo bruno
06 Apr 2022 Scritto da Università di Roma “Tor Vergata”, Cnr-Ispaam, Cnr-Ift
La ricerca riguarda il tessuto adiposo bruno, che svolge una funzione anti-diabetica e termogenica, “bruciando” grassi, e che è poco attivo in individui obesi e/o affetti da diabete di tipo 2. Lo studio internazionale è coordinato da ricercatori dell’Università di Roma “Tor Vergata”, in collaborazione con colleghi del Consiglio nazionale delle ricerche, e pubblicato oggi su Cell Metabolism (Issue 4, Volume 34)
Il “tessuto adiposo bruno” è presente in grande quantità nel neonato, dove ha un ruolo essenziale nel mantenimento della temperatura corporea. È ricco infatti di “mitocondri”, organelli responsabili della produzione di calore, che viene generato attraverso l’azione di una proteina specializzata chiamata “termogenina”. Tale tessuto perde le sue caratteristiche con l’età, pur mantenendo una residua attività termogenica, che rimane molto importante nel preservare la salute metabolica. Per funzionare, infatti, il tessuto adiposo bruno utilizza le riserve di grassi immagazzinati all’interno degli adipociti o cellule adipose brune, il glucosio e altri lipidi che provengono dal flusso sanguigno, “bruciandoli” all’interno dei mitocondri per produrre calore. La sua attività porta quindi ad una dissipazione energetica e all’abbassamento dei livelli di glucosio e grassi nel sangue.
Cardiopatia ischemica: il ruolo degli ormoni sessuali
04 Apr 2022 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Uno studio italiano, a cui partecipano i ricercatori della Sapienza, ha valutato l’impatto dei livelli di testosterone e di estradiolo sull’attivazione delle piastrine del sangue, processo direttamente collegato al rischio di eventi coronarici acuti. I risultati del lavoro, condotto su un campione di oltre 400 pazienti di entrambi i sessi, sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Endocrinological Investigation
La prevenzione della cardiopatia ischemica, patologia a carico delle arterie coronariche che portano sangue al cuore, ha fatto passi da gigante negli ultimi decenni, permettendo una notevole riduzione dei tassi di eventi acuti, che vanno dall’infarto alla morte. Tuttavia, l’incidenza mondiale di cardiopatia ischemica è ancora molto elevata.
La malattia colpisce entrambi i sessi, ma spesso con una fisiopatologia, sintomatologia e risposta alle terapie molto diversa: per tale ragione gli attributi biologici sono stati rivendicati come i principali fattori di queste differenze, canalizzando l’attenzione sul possibile ruolo degli ormoni sessuali.
Infezioni virali, lo studio che rivela nuovi bersagli per la terapia Covid-19
31 Mar 2022 Scritto da Università degli studi di Torino
Scoperto un nuovo possibile meccanismo per interferire con i coronavirus umani. È il risultato di uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Antiviral Research. Coordinati dal Professor Marco De Andrea, CEO anche dello spin-off NoToVir, la Dr.ssa Selina Pasquero e gli altri ricercatori del laboratorio di Patogenesi delle Infezioni Virali, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino, hanno scoperto un nuovo meccanismo associato alla replicazione di SARS-CoV-2 che apre nuove possibilità allo sviluppo di farmaci antivirali.
L’infezione virale
Una delle strategie escogitate dai virus per favorirne la replicazione nelle cellule consiste nel modificare le proteine cellulari dell'ospite, alterando così la loro localizzazione e la loro attività funzionale. Una di queste modifiche, nota per essere associata a malattie di tipo degenerativo, è la citrullinazione. Il processo di citrullinazione è stato descritto, e oggi utilizzato anche a scopo diagnostico, in diverse condizioni infiammatorie, come l'artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, il morbo di Alzheimer, la sclerosi multipla, l’aterosclerosi e in diverse forme di cancro. In uno studio pubblicato lo scorso anno, il gruppo del Prof. De Andrea aveva per la prima volta correlato la citrullinazione con le infezioni di virus erpetici a DNA.
Infezione da Covid: cosa avviene nelle nostre cellule
29 Mar 2022 Scritto da Istituto officina dei materiali (Cnr-Iom)
Rappresentazione schematica dell’inserzione dei peptiti di fusione della proteina spike in una membrana
Cosa succede quando il coronavirus SARS-CoV-2 infetta le cellule? La risposta arriva da una collaborazione tra l’Istituto officina dei materiali del Cnr, l’Istituto Laue Langevin di Grenoble, l'Università di Cambridge e l'Australian National Deuteration Facility. Nella ricerca, pubblicata in copertina dalla rivista Jacs, si descrive il meccanismo di fusione cellulare
Una ricerca internazionale che ha coinvolto l’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), l’Istituto Laue Langevin (ILL) di Grenoble, l'Università di Cambridge e l'Australian National Deuteration Facility, ha rivelato il funzionamento del meccanismo critico di fusione con cui SARS-CoV-2 entra in contatto e infetta le cellule umane. In particolare, SARS-CoV-2, appartiene a una famiglia di virus a RNA conosciuti e chiamati β-coronavirus, che possono causare malattie respiratorie anche gravi e che sono altamente contagiosi.
“Nonostante faccia parte di una famiglia già nota di virus, però, non si era ancora compreso il meccanismo con cui SARS-CoV-2 infetta le cellule umane”, spiega Daniela Russo del Cnr-Iom. “In questo studio, pubblicato in copertina su Jacs, siamo stati in grado di riprodurre alcuni aspetti importanti per studiare il meccanismo di infezione, semplificando il sistema fino ai suoi elementi principali, che possono essere analizzati mediante la spettroscopia di diffusione di neutroni (scattering). Usando le possibilità offerte da questa metodica, si è potuto studiare nel dettaglio le interazioni tra la proteina virale e la membrana cellulare, analizzando gli effetti sulla struttura della membrana e la dinamica a scala molecolare di questa interazione a temperatura ambiente”.
Dopo un anno la nebbia mentale da Covid si dirada ma non sparisce
28 Mar 2022 Scritto da Università degli Studi di Milano
Uno studio del Centro di Ricerca ‘Aldo Ravelli’ dell’Università degli Studi di Milano e dell’Ospedale San Paolo, in collaborazione con l’Istituto Auxologico Italiano IRCCS, ha evidenziato che dopo un anno dal Covid sono ancora presenti disturbi cognitivi. La pubblicazione su European Journal of Neurology.
Una delle conseguenze da COVID-19, riscontrate a medio e lungo termine è quella che viene chiamata “nebbia cognitiva”, una sorta di rallentamento e stanchezza mentale, che colpisce le persone guarite che provano fatica nel fare le azioni del quotidiano come lavorare, guidare la macchina o fare la spesa. Questo il risultato di una ricerca appena pubblicata su European Journal of Neurology.
Lo studio, coordinato da Roberta Ferrucci, ha visto la collaborazione del Centro “Aldo Ravelli” del dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano, dell’ASST Santi Paolo e Carlo e dell’istituto Auxologico Italiano IRCCS.
COVID-19: scoperta la “tempesta perfetta” che aumenta il rischio di trombosi
28 Mar 2022 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Due studi italiani, condotti da un gruppo di ricercatori della Sapienza su pazienti con infezione da Sars Cov-2, identificano un mix di fattori per riconoscere i soggetti a maggior rischio di trombosi e le indicazioni per ottimizzare la terapia anti-coagulante
Nei pazienti COVID-19 una delle principali cause di mortalità è l’elevato rischio di trombosi, che può presentarsi sia nel distretto venoso in forma di trombosi venosa profonda o embolia polmonare, sia in quello arterioso in forma di infarto del miocardio o ictus. Circa il 20% dei pazienti COVID-19 può andare incontro a queste gravi complicanze durante il ricovero.
Purtroppo fino a ora le evidenze disponibili non hanno consentito di identificare con chiarezza i pazienti COVID-19 a rischio di trombosi né le indicazioni alla terapia anticoagulante per la prevenzione del rischio tromboembolico.
Una capsula sensorizzata, autonoma e smart per lo screening di precisione dell'apparato digerente
28 Mar 2022 Scritto da Università di Pisa
L'Università di Pisa coordina il consorzio che sta lavorando al progetto Europeo Autocapsule, a fine anno i primi prototipi.
Dal 17 al 19 marzo si è riunito a Pisa il consorzio Europeo del progetto Autocapsule, coordinato dall'Università di Pisa nell'ambito del pilastro Excellent Science di Horizon 2020, e che vede come partners l’Università di Leeds, l’Università di Glasgow, IMEC e Quantavis.
Il progetto prevede la progettazione di una capsula sensorizzata, ad alto grado di autonomia, che potrà effettuare uno screening accurato dell’apparato digerente, e contrastare le molteplici malattie che interessano questo tratto.
"Entro fine anno - afferma Giuseppe Iannaccone, professore di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa e coordinatore del progetto - verranno messi a punto i primi due dispositivi: una capsula impiantabile per il tratto gastrointestinale e una capsula endoscopica pilotata con manipolazione magnetica mediante un braccio robotico esterno.
"La combinazione di dispositivi mobili e impiantabili, di sensori sofisticati e delle tecniche di robotica medica - prosegue Iannaccone - ha potenzialità eccezionali per portare tecniche di diagnostica avanzata dall'ospedale all'ambulatorio, aumentando di gran lunga le capacità di screening".
L’uso problematico dei videogiochi in adolescenza
24 Mar 2022 Scritto da Cnr-Ifc, Unipd, Flinders University
Una ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, dell’Università di Padova e della Flinders University ha rivelato come fattori socioeconomici possano influenzare il rischio di gaming problematico negli adolescenti europei. Lo studio riporta che il 20% dei giovani è ad alto rischio e che i ragazzi sono tre volte più esposti rispetto alle coetanee. Danimarca e Romania presentano rispettivamente la percentuale più bassa (12%) e più alta (30%) del fenomeno. L’Italia è al di sopra della media europea con circa il 24%. Positivo il ruolo della famiglia e delle politiche sociali. La ricerca è stata pubblicata su Addiction.
Una ricerca – condotta dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc), dal Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova (Unipd) e dall’australiana Flinders University – ha indagato in quale modo fattori individuali, sociali e contestuali siano associati a un maggiore rischio per gli adolescenti europei di gaming (uso dei videogiochi) problematico, cioè un utilizzo eccessivo dei videogame che possa mettere a repentaglio la salute e favorire l’allontanamento dalla scuola e dagli affetti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Addiction. La ricerca ha analizzato i dati dello studio European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs (ESPAD) del 2019, relativi ai comportamenti di gaming di 89000 adolescenti tra i 15 e i 16 anni residenti in 30 Paesi europei.

