Le condizioni ambientali severe a cui queste specie sono esposte hanno favorito, nel tempo, l'evoluzione di caratteristiche che le rendono perfettamente idonee alla vita desertica. Eppure, neanche questi specifici meccanismi di adattamento potrebbero essere sufficienti per affrontare la crisi climatica in corso.
A confermarlo è la ricerca, pubblicata sulla rivista Global Ecology and Biogeography, e condotta da studiosi della Sapienza sui mammiferi della Penisola Arabica.
I risultati ottenuti indicano che la tolleranza al calore e le strategie di adattamento all'aridità dei mammiferi desertici potrebbero rivelarsi inefficaci contro l'incremento delle temperature. Ciò espone questa peculiare componente della biodiversità a conseguenze potenzialmente catastrofiche.
"Per il nostro studio – spiega Chiara Serafini del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie 'Charles Darwin' – abbiamo scelto una delle regioni più secche del mondo; non a caso, qui si trova il Rub’ al-Khali, il deserto sabbioso più esteso a livello globale, il cui nome in arabo significa 'il Quarto vuoto'. Questo ci ha permesso – continua Serafini – di analizzare la reazione ai cambiamenti climatici delle specie che attualmente vivono ai limiti termici del nostro pianeta."
Gli scienziati, esaminando la capacità di resistenza al caldo di ogni singola specie, hanno scoperto che i mammiferi della Penisola Arabica non solo risiedono ai confini termici del globo, ma stanno anche spingendo oltre i limiti consentiti dalla loro stessa fisiologia. In altre parole, le attuali condizioni climatiche in cui queste creature hanno sempre vissuto sono estremamente vicine al loro massimo livello di tolleranza.
Dato il rapido aumento delle temperature, le conclusioni di questo studio dipingono un quadro a dir poco allarmante: potenzialmente, fino al 93% dei mammiferi arabi rischia di perdere porzioni significative del proprio areale storico di distribuzione nei decenni a venire.
"È fondamentale comprendere che la scomparsa di queste specie – afferma Luigi Maiorano, coautore dello studio – significa la perdita di una componente unica della biodiversità e, con essa, dei segreti relativi ai possibili adattamenti alle alte temperature, di cui sappiamo ancora molto poco. Un aumento veloce delle temperature nell'arco di pochi secoli – conclude Maiorano – potrebbe bastare a cancellare adattamenti alla siccità evoluti in millenni."



