Un team di ricercatori è riuscito a ricostruire le fasi del meccanismo di funzionamento della serotonina, la cosiddetta molecola della felicità, a livello dei circuiti neuronali dei gangli della base, in particolare del circuito talamo-striatale. Questi circuiti sono importanti per il controllo del movimento e della flessibilità comportamentale, ossia la capacità di adattarsi ai cambi di contesto da un punto di vista emotivo e motorio, e non funzionano correttamente nel caso di patologie come il morbo di Parkinson o i disturbi ossessivi-compulsivi.
La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale Neuron, è stata coordinata da Raffaella Tonini del dipartimento di Neuro Modulation Cortical e Subcortical Circuits dell’IIT- Istituto Italiano di Tecnologia, con la collaborazione del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e di un partenariato internazionale di enti di ricerca fra cui la Sorbonne Université di Parigi.
“Ricostruire in maniera molto accurata i meccanismi molecolari con cui la serotonina funziona nel cervello – spiega Raffaella Tonini, coordinatrice del team di ricerca - è importante anche per capire cosa avviene in condizioni patologiche in cui la serotonina non viene prodotta o in cui mancano i recettori specifici a cui legarsi”.

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Ultracentenari e longevi: l’età avanza, ma non il rischio di mortalità
02 Lug 2018 Scritto da università La Sapienza di Roma Un nuovo studio demografico, condotto dai ricercatori della Sapienza, indica che dopo i 105 anni il rischio di mortalità non aumenta ma rimane costante. I sorprendenti risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science, favoriscono il progresso degli studi sulle teorie evolutive della senescenza C’è un limite biologico alla longevità umana? Come cambia il rischio di morire con l’avanzare dell’età?
Per rispondere a queste domande, i ricercatori del Dipartimento di Scienze statistiche della Sapienza, in collaborazione con l’ISTAT e le università Roma Tre, Berkeley e Southern Denmark, hanno condotto uno studio sui semi-supercentenari italiani (ovvero coloro che non hanno ancora raggiunto i 110 anni di età, ma superano i 105 ), con l’obiettivo di stimarne con esattezza il rischio di mortalità. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science, hanno sorprendentemente indicato, per coloro che hanno superato i 105 anni, il raggiungimento di un livello costante del rischio di mortalità.
Il team di ricercatori ha stimato per la prima volta la mortalità in età avanzata, con una accuratezza e precisione che finora non era stata possibile. “I dati studiati, accuratamente documentati – spiega Elisabetta Barbi della Sapienza – portano a concludere che la curva di mortalità cresce esponenzialmente fino all’età di 80 anni circa, ma poi decelera fino a raggiungere un plateau, ovvero un andamento costante, dopo i 105 anni”.
Identificato un nuovo meccanismo d’azione della molecola della felicità
02 Lug 2018 Scritto da Università di PisaRicerca IIT e Università di Pisa ha individuato indizi sul meccanismo molecolare con cui la serotonina potrebbe influenzare la flessibilità comportamentale, ovvero la capacità di adattare le nostre azioni in base a come cambia l’ambiente che ci circonda

380 ed e' attualmente sede di circa 23 trial clinici in ginecologia oncologica di fase II-III, la maggior parte sui carcinomi dell'ovaio.
Il Centro, costruito nel rispetto delle nuove normative sulle sperimentazioni cliniche, in particolare della nuova Determina Aifa n. 809/2015 (che detta i requisiti minimi necessari per ospitare sperimentazioni di fase I), dispone anche di un giardino pensile terapeutico unico in Italia, realizzato ad hoc per immergere le pazienti nella natura in modo che ne traggano benessere psico-fisico che favorisce il buon esito delle cure. Al momento sono in corso di approvazione al comitato etico due studi di fase I per le pazienti affette da carcinoma ovarico ed endometriale. Il nuovo centro, ubicato al 10mo piano, Ala O del Gemelli, che arricchisce e completa le strutture del Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino diretto dal professor Giovanni Scambia, e' stato inaugurato alla presenza del Prof. Franco Anelli, Rettore dell'Universita' Cattolica, Dottor Giovanni Raimondi, Presidente Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, Prof. Marco Elefanti, Direttore Generale Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, Prof. Rocco Bellantone, Preside della facolta' di Medicina e chirurgia della Cattolica e Direttore del Governo Clinico della Fondazione Gemelli.
La Shaken Baby Syndrome (sindrome del bambino scosso) e' caratterizzata da un trauma cranico non accidentale, implicando per la genesi di questa patologia non solo l'attivita' dello 'shaken' (scuotimento) ma anche quella di 'scontro' su una superficie dura. È una delle prime cause di morte nei bambini molto piccoli, in genere al di sotto dell'anno, ed e' determinata da uno scuotimento violento del piccolo da parte di uno dei due genitori. Il Cdc di Atlanta parla di un caso ogni milione di bambini sotto l'anno di vita, ma e' certamente una condizione molto piu' frequente. A spiegarla ai pediatri e ai medici riuniti al 74esimo congresso di pediatria della Societa' italiana di pediatria (Sip) a Roma e' Elena Coppo, del reparto di Pediatria d'Urgenza dell'Ospedale Regina Margherita di Torino, nell'ambito del corso sugli abusi e i maltrattamenti.
"Oltre il 50% della mortalita' dei bambini sotto i 5 anni con trauma cranico severo dipende proprio da questa sindrome- conferma la pediatra- ed e' una situazione sottostimata che presenta una serie di difficolta' sia di diagnosi che di identificazione. La difficolta' sta nel riuscire a reperire tutte quelle caratteristiche cliniche che permettono di fare una diagnosi precisa. Essendo una situazione di maltrattamento- sottolinea Coppo- la diagnosi e' molto importante, perche' mette in tutela il bambino e permette di aiutare la coppia di genitori che si e' fatta artefice di suddetta situazione".

"L'analisi del Dna di pazienti pediatrici raccolti in due continenti- spiega la dottoressa Marina Vivarelli, dell'unita' operativa Nefrologia e dialisi dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesu' che ha partecipato allo studio- ha permesso di individuare alcuni fattori di predisposizione genetica di una malattia renale, la sindrome nefrosica cortico-sensibile del bambino. Di questa malattia molto eterogenea, che curiamo con il cortisone e a volte con altri farmaci che abbassano le difese immunitarie, oggi comprendiamo poco le cause".
La proteina che sconfigge l’aterosclerosi è più efficace nel latte di riso
18 Giu 2018 Scritto da Università degli studi Milano BicoccaLa proteina APOA-1Milano, conosciuta per la sua azione protettiva contro l’aterosclerosi, è più efficace se somministrata tramite via orale in un “latte di riso terapeutico”, in quanto consente di ottenere un effetto terapeutico anche a concentrazioni molto basse. Questo perché le piante di riso geneticamente modificate possono essere utilizzate come bioreattori, ovvero come sintetizzatori o produttori di farmaco nel veicolo di somministrazione, il latte di riso, sicuro e non tossico. Inoltre, l’APOA-1Milano mantiene le sue proprietà protettive e anti-infiammatorie non solo nel sistema vascolare (arterie come aorta, coronarie e carotidi), ma anche in altri distretti dell’organismo come il fegato.
A rivelarlo è lo studio “APOA-1Milano muteins, orally delivered via genetically modified rice, show anti-atherogenic and anti-inflammatory properties in vitro and in Apoe−/− atherosclerotic mice” (Doi: 10.1016/j.ijcard.2018.04.029), condotto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca coordinato da Roberto Giovannoni, ricercatore di Patologia generale e immunologia, e appena pubblicato sulla rivista International Journal of Cardiology. I risultati sono stati inoltre presentati ieri al XVIII International Symposium on Artheriosclerosis di Toronto.
Nonostante l’alto potenziale terapeutico dell’APOA-1Milano, nessuno dei farmaci sviluppati in passato e basati su questa proteina è mai arrivato a disposizione dei pazienti a causa della bassa efficienza dei processi di purificazione della stessa. L’azienda biotecnologica svizzera GRG Gene Technology SA ha identificato e brevettato un sistema di sintesi e somministrazione della proteina tramite piante di riso geneticamente modificate e ha incaricato l’equipe di Giovannoni di valutarne il potenziale terapeutico.
Una nuova terapia a base di albumina per i pazienti con cirrosi epatica
18 Giu 2018 Scritto da Università La Sapienza di Roma
Uno studio indipendente, finanziato dall’AIFA e coordinato dai ricercatori del Dipartimento di Medicina clinica della Sapienza, in collaborazione con le università di Bologna e Padova, ha dimostrato l’efficacia di una terapia innovativa basata sull’utilizzo di albumina umana. I risultati sono pubblicati sulla rivista The Lancet
Uno studio, coordinato dai ricercatori del Dipartimento di Medicina clinica della Sapienza in collaborazione con le università di Bologna e Padova, ha dimostrato l’efficacia di una terapia innovativa basata sull’utilizzo di albumina umana su pazienti con cirrosi epatica scompensata. La ricerca è pubblicato sulla rivista internazionale The Lancet.
Il team di ricercatori ha condotto per 10 anni uno studio controllato randomizzato in 33 centri epatologici italiani su 431 pazienti affetti da cirrosi epatica in fase di scompenso ascitico.
Il gruppo di pazienti di controllo ha continuato il trattamento con terapia diuretica standard, mentre, per il gruppo sperimentale, la terapia standard è stata incrementata con una infusione endovenosa settimanale di 40 grammi di albumina umana. Lo studio si proponeva di determinare se la somministrazione a lungo termine di albumina fosse in grado di influenzare il trattamento dell’ascite, l’incidenza di complicanze e la mortalità di pazienti affetti da cirrosi scompensata.
Nel gruppo trattato con albumina è stata osservata una riduzione del rischio di mortalità a 18 mesi di circa il 40% (HR= 0.62; C.I.=0.40-0.95), oltre a una riduzione significativa dei problemi fisiologici legati all’ascite (la principale complicanza legata alla cirrosi), come la refrattarietà, l’insufficienza renale e l’encefalopatia epatica grave.
Il prodotto, sviluppato all’Università di Pisa, è a lievitazione naturale, ricco di antiossidanti e a prolungata conservabilità
Un pane viola a lievitazione naturale, con tre “super ingredienti” che lo rendono un prodotto in grado di coniugare gli elementi dell’innovazione e quelli della tradizione: è nato “Well-Bred”, il pane dal caratteristico colore dato dalle patate viola, ricco di antiossidanti, a prolungata conservabilità e adatto a consumatori con esigenze particolari (intolleranti al glutine, vegani, ipertesi, ecc.). Il prodotto è il frutto degli studi del gruppo di Tecnologie alimentari, in collaborazione con alcuni ricercatori di Biochimica Agraria dell’Università di Pisa, in particolare della laureanda Anna Valentina Luparelli e della dottoranda Isabella Taglieri, coordinate dalla loro professoressa Angela Zinnai. Il pane viola è stato uno dei progetti che ha partecipato alla finale del PhD+, il corso dell’Università di Pisa che insegna a pensare innovativo e a trasformare le idee in impresa.
«“Well-Bred” rappresenta un prodotto in grado di sintetizzare una serie di aspetti positivi per un alimento, quali l’elevato valore nutraceutico, le migliorate caratteristiche tecnologiche e sensoriali, nonché la maggiore sostenibilità ambientale – spiegano le ricercatrici - Il prodotto può rappresentare un modello per l’intero comparto dei prodotti da forno, che prevedrebbe la rivisitazione delle ricette sia di merende o snack, per uno spuntino nutrizionalmente bilanciato, sia di quei dolci che fanno parte a pieno titolo della grande tradizione dolciaria italiana (panettone, pandoro, colomba, schiacciata pasquale, ecc.). Abbiamo scelto il nome “Well-Bred” (cresciuto bene), giocando sull’assonanza con il termine bread (pane), per valorizzare allo stesso tempo le sue caratteristiche altamente salutari».

Il Forum of International Respiratory Societies raccomanda infatti: 1. Per proteggere i giovani, i sistemi elettronici di somministrazione di nicotina dovrebbero essere considerati prodotti del tabacco e regolati come tali. Il potere di dipendenza della nicotina e dei suoi effetti avversi nei giovani non dovrebbe essere sottovalutato. Tutte le forme di promozione devono essere regolate.
Individuate le alterazioni delle connessioni cerebrali tipiche dei disturbi dello spettro autistico
11 Giu 2018 Scritto da Università di Pisa
La ricerca tutta italiana e finanziata con fondi statunitensi è stata sviluppata dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e dall’Università di Pisa
Un innovativo approccio di ricerca sviluppato all’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e dall’Università di Pisa potrà aiutare a capire come alterazioni genetiche compromettono la regolare funzione del cervello, aprendo nuove frontiere nella comprensione delle cause dei disturbi dello spettro autistico.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Brain, è stato condotto dal team di ricercatori guidato da Alessandro Gozzi dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e dal professore Massimo Pasqualetti del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa in collaborazione con cinque altri gruppi di ricerca distribuiti sul territorio nazionale. La ricerca, interamente italiana, è stata finanziata dalla fondazione statunitense Simons Foundation for Autism Research Initiative (www.sfari.org), un ente che seleziona e premia le ricerche più innovative nel campo dell’autismo a livello mondiale.
“Sebbene sia noto che l’autismo sia altamente ereditario, - spiega Alessandro Gozzi, coordinatore del team di ricerca e ricercatore all’IIT - il ruolo che i geni hanno nel determinare questa sindrome non è ancora chiaro. Questo studio rappresenta un’importante dimostrazione di come specifiche alterazioni del DNA possano compromettere le connessioni cerebrali e la regolare funzione del cervello, causando una delle forme più diffuse di autismo.”
Utilizzando la risonanza magnetica funzionale, una tecnica di neuroimmagine totalmente non invasiva che permette di ricostruire digitalmente il cervello dei pazienti in tre dimensioni, i ricercatori IIT hanno analizzato le scansioni cerebrali di 30 bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, tutti portatori della stessa mutazione genetica conosciuta con il termine scientifico di “delezione 16p11.2”. L’analisi di questi segnali ha permesso di scoprire che la corteccia prefrontale nei bambini portatori della mutazione oggetto di studio, rimane isolata e non riesce a comunicare efficacemente con il resto del cervello, generando sintomi specifici dell’autismo, come un ridotto interesse ad instaurare relazioni sociali e problemi nella comunicazione.
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