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Un gruppo di ricercatori internazionali, coordinato dal Dipartimento di Scienze cliniche internistiche, anestesiologiche e cardiovascolari della Sapienza, ha dimostrato per la prima volta come la risposta immunitaria peggiori il decorso della malattia nei pazienti affetti da sclerosi multipla. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cell Death & Disease
La sclerosi multipla (SM) è una malattia autoimmune neurodegenerativa che colpisce circa 2,8 milioni di persone nel mondo, di cui quasi 130.000 solo in Italia. Nella SM alcune cellule del sistema immunitario, i linfociti T, si attivano in maniera anomala e danneggiano, così, i tessuti del sistema nervoso centrale. Questa attivazione avviene perché i linfociti T riconoscono non solo gli antigeni derivati dallo stesso tessuto neuronale ma anche altri antigeni che restano nascosti in condizioni normali, per poi svelarsi in caso di stress tissutale, e che pertanto vengono definiti “criptici”, Questi possono svelarsi, ad esempio, nel corso del processo apoptotico dei linfociti T, cioè quando queste cellule vanno incontro a una morte programmata (apoptosi) al termine delle loro funzioni.

Come dimostrato in uno studio del gruppo di ricerca di Vincenzo Barnaba, del Dipartimento di Scienze cliniche internistiche, anestesiologiche e cardiovascolari della Sapienza, la risposta immune verso gli antigeni criptici derivati dall’apoptosi viene correlata alla severità della malattia. Infatti nei pazienti con sclerosi multipla le cellule T apoptotiche aumentano e, parallelamente, aumentano le cellule T che riconoscono antigeni criptici liberati durante il processo di morte.

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